Il termine «oicofobia» (odio per la casa natale) è diventato famoso per l’uso che ne ha fatto Alain Finkielkraut nel suo volume L’identità infelice, scritto a proposito della Francia, dove «l’origine non ha diritto di cittadinanza se non a condizione di essere esotica e in cui una sola identità è tacciata d’irrealtà: l’identità nazionale». Da questa premessa discende il titolo: l’identità nazionale è infelice perché la storia patria è bersaglio di una critica radicale o nel migliore dei casi di disinteresse.
Scrive Finkielkraut: “… la Francia è a immagine dell’Europa e l’Europa ha smesso di credere nella sua vocazione (passata, presente o futura) di guida dell’umanità nella realizzazione della sua essenza … L’immigrazione, che contribuisce e contribuirà sempre più alla crescita demografica del Vecchio Mondo, pone le nazioni europee e l’Europa stessa di fronte alla questione della propria identità. Siamo individui spontaneamente cosmopoliti che ora, a causa dello shock dell’alterità, scoprono il loro essere. Scoperta preziosa, ma anche pericolosa: dobbiamo combattere a tutti i costi la tentazione etnocentrica di perseguire le differenze e di erigerci a modello ideale, senza per questo soccombere alla tentazione penitenziale di rinnegare noi stessi per espiare le nostre colpe. La buona coscienza ci è preclusa, ma ci sono dei limiti anche alla cattiva coscienza. La nostra eredità, che non fa certo di noi degli esseri superiori, merita di essere preservata, nutrita e trasmessa tanto agli autoctoni quanto ai nuovi arrivati. Resta da capire, in un mondo che sostituisce l’arte di leggere con l’interconnessione permanente e che stigmatizza l’elitarismo culturale in nome dell’uguaglianza, se c’è ancora qualcosa da ereditare e trasmettere” .
Finkielkraut sostiene che gli europei non rispettano più e non difendono più i simboli di quella cultura che è attaccata in maniera conseguenziale dai terroristi.
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