Giustizialisti e garantisti

Alla fondamentale fallibilità degli esseri umani, unico rimedio è un’adeguata cultura istituzionale della responsabilità e dei controlli. Questo non vuol dire che bisogna intervenire e giudicare poco, ma che bisogna intervenire sui casi nei quali effettivamente è possibile intervenire, senza disperdere la giustizia in iniziative velleitarie, inutili, dispersive, controproducenti.

«Ogni pena che non derivi dall’assoluta necessità», diceva Montesquieu, «è tirannica». Dunque, c’è necessità, davanti a crimini gravi e odiosi, di essere giustizialisti; ma c’è anche necessità di non essere tirannici, dunque bisogna essere garantisti, nei confronti di delitti ipotetici o impossibili da dimostrare, che Beccaria definiva «chimerici».

… il ragionamento di carattere generale è che quasi tutti su alcuni argomenti siamo giustizialisti e su altri garantisti … ad esempio, in Italia molti (a sinistra) sono clementi con i reati di strada e severi con i reati dei colletti bianchi, mentre per altri (a destra) è vero il contrario … argomento lungo e complicato … ma intanto, attraverso i link sottostanti, è possibile vedere alcuni articoli sull’argomento … per quasi tutti , poi, c’è una regola aurea, insidiosa soprattutto perché esercita la sua influenza devastante in maniera subdola, spesso inconscia, sempre inconfessata o inconfessabile: LA LEGGE PER I NEMICI SI APPLICA, PER GLI AMICI SI INTERPRETA

Per la nostra impostazione, cfr.

https://sites.google.com/site/francescosidoti2010/press/left

https://sites.google.com/site/francescosidoti2010/press/riformista

Per gli sviluppi della situazione italiana:

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/05/21/p2-35-anni-dopo-colombo-cosi-ci-impedirono-di-anticipare-mani-pulite-di-10-anni/524502/

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/06/18/servizio-pubblico-travaglio-e-salari-renzi-slurp-lecchini-cortigiani-e-penne-alla-bava/385508/

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/03/14/crozza-berlusconi-come-marchese-del-grillo-giudici-di-primo-grado-lario-travaglio/349400/

Esistono molti punti di vista; ad esempio quelli di Sabino Cassese, che ha iniziato la sua collaborazione al Corriere con articoli di questo tipo

http://www.corriere.it/editoriali/15_agosto_24/giustizia-che-si-deve-ritrovare-01468b9c-4a1e-11e5-bdc5-ee9c5a368093.shtml

che sono stati così riassunti e criticati in un editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del <<Fatto Quotidiano>> di martedì 25 agosto 2015:

 

Ogni volta che Sabino Cassese scrive un editoriale sul Corriere, cresce il sollievo al pensiero che non è più giudice costituzionale e che la sua scalata al Quirinale, sponsorizzata da Napolitano e dai poteri retrostanti, è miseramente fallita. Onusto di titoli accademici e sottotitoli politici, il professor Cassese appartiene a quella schiera di costituzionalisti che   – come disse Gustavo Zagrebelsky al Fatto – detestano la Costituzione e – aggiungiamo noi – fanno carriera sputandoci sopra. Un po’ come se un teologo passasse il tempo a bestemmiare. Ieri l’insigne giurista ci ha spiegato,dall’alto della sua somma sapienza, perché la giustizia è allo sfascio.

E ha messo insieme il catalogo completo di tutti i più vieti, banali e farlocchi luoghi comuni sparsi sull’argomento dai peggiori politici dell’ultimo trentennio. Fra questi, l’andazzo di incolpare i magistrati per il dilagare della criminalità organizzata e anche per la crisi della giustizia. Che, a suo illuminato parere, “non sta tanto nell’enorme numero di cause non decise e nei tempi dei processi, ma nel fatto che tutto ciò ha prodotto una vera e propria fuga dalla giustizia, a causa della sfiducia nei suoi tempi”.   In questa frase assurda e illogica c’è tutto il Cassese-pensiero. Se la gente fugge dalla giustizia per i tempi biblici, come si fa a dire che il problema non sono i tempi biblici?Ma,se fosse vera questa fuga dalla giustizia,l’Italia dovrebbe avere pochi processi,invece detiene il record mondiale per il numero di cause penali e civili (6 milioni l’anno, più gli arretrati): dunque, senza la presunta fuga dalla giustizia,le cause sarebbero ancora più numerose e i loro tempi ancor più biblici. Ergo, con buona pace di Casse-se, il problema sono proprio i processi troppo numerosi e troppo lunghi. E la soluzione è dissuadere la gente dal denunciare fatti bagatellari, ma soprattutto disincentivare le impugnazioni pretestuose e limitare i dibattimenti rendendo convenienti i riti alternativi: patteggiamenti e abbreviati. I rimedi sono stranoti: abolire l’appello, filtrare i ricorsi in Cassazione, consentire la reformatio in peius (l’aumento della pena in caso di impugnazione) ecc. Di questo però Cassese non parla, perché per lui il problema sono soprattutto i magistrati: arrestano troppa gente,fanno troppe intercettazioni, troppo spesso parlano e si candidano e – pensate un po’   – “dettano l’agenda della politica e stabiliscono i criteri della politica industriale”. Cioè osano indagare anche sui reati dei politici e degli industriali.

Per evitarlo, il Csm dovrebbe “fissare linee guida non vincolanti (sic, ndr) come il Dipartimento di giustizia Usa”. Qualche vecchio e polveroso conoscitore della Costituzione potrebbe obiettare che negli Usa la giustizia è sottoposta al governo, in Italia è autonoma e indipendente da ogni altro potere. Ma queste, per l’ex giudice costituzionale, sono quisquilie: infatti vorrebbe sventrare la Carta separando le carriere perché “accusa e giudizio sono mestieri diversi”. E pazienza se gli organismi europei additano il modello italiano – carriera unica, scambio tra le funzioni e azione penale obbligatoria–come un modello da imitare e una garanzia di indipendenza per pm e giudici. Naturalmente Cassese lo sa benissimo.Ma si fa interprete di quella “giustizia sostenibile”, cioè flessibile, disponibile, malleabile, à la carte tanto cara ai poteri forti, allergici al controllo di legalità, in nome degli interessi politici e aziendali. Un politico ruba? Una fabbrica inquina e uccide? Il giudice li lasci in pace, se no “detta l’agenda” alla politica e all’impresa.   Quest’aberrazione criminogena e incostituzionale si chiama “modello Expo”. Il pm Robledo indaga sugli appalti truccati della kermesse milanese? Esiliato. Il suo capo Bruti Liberati gli scippa le indagini che gli spettavano in base alle regole da lui stesso fissate e ne dimenticava una in cassaforte? Salvato dal Csm. E così, come per incanto, da quando Expo è stata inaugurata, in Procura non muove più foglia. Il procuratore fa sapere che prorogherà di un mese il suo pensionamento, da metà ottobre a metà novembre, “fino alla conclusione di Expo 2015, l’evento che ha visto un impegno particolare dell’ufficio e mio personale” (…)

 

Sabino Cassese non è solo nella sua impostazione; vedi ad esempio:

http://guerini.it/index.php/in-attesa-di-giustizia-pisapia-9788862503624.html

Per altri punti di vista, vedi:

http://www.ilfoglio.it/politica/2015/09/04/cantone-choc-sulla-magistratura___1-v-132406-rubriche_c942.htm

http://www.ilfoglio.it/politica/2015/09/05/laffondo-di-violante-per-farla-finita-con-il-totalitarismo-giudiziario___1-v-132455-rubriche_c196.htm

http://www.ilfoglio.it/politica/2016/04/15/intercettazioni-influenze-illecite-lobbying-marco-boato-1992-anm-pm___1-v-140758-rubriche_c399.htm

Esistono ricerche che tentano di vedere i magistrati italiani “in situazione”:

http://www.ibs.it/code/9788843056910/piana-daniela/magistrati-una-professione.html

http://www.ibs.it/code/9788815264336/piana-daniela/uguale-per-tutti.html

Sul populismo penale come «una malattia delle democrazie contemporanee …. Il populismo penale   consiste nell’uso distorto di informazioni, in comportamenti collettivi e rappresentazioni sociali che contribuiscono all’alterazione di contenuti relativi alla giustizia con una finalità politica. Caratteristiche: ipermediatizzazione, comunicazione basata su emozione e paura, tendenza a semplificare fenomeni complessi. … Fino a qualche decennio fa infatti si parlava di populismo in riferimento a realtà politiche marginali dell’America Latina o dell’Africa, in un modo che lasciasse intendere che fosse una prerogativa delle società premoderne o comunque poco evolute … Nello sgretolamento del modello sociale protettivo, che era stato del welfare europeo della seconda metà del Novecento, il linguaggio della colpa e della pena, le istituzioni penitenziarie e quelle del controllo sociale coattivo sono tornate in auge a compensare il disorientamento della civiltà post-moderna e la fragilità delle sue istituzioni». Cfr. Stefano Anastasia, Manuel Anselmi e Daniela Falcinelli, Populismo penale: una prospettiva italiana, Cedam, Padova 2015.

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